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Attraverso la ricomposizione delle immagini, dei ricordi, delle fantasie che costituiscono l’archetipo del nostro giardino intimo ognuno di noi può imparare a conoscere più in profondità se stesso e gli altri. Questo saggio restituisce il giardino alla sua funzione di luogo e produzione del mito. Un mito personale, liberato dalle convenzioni uniformanti della dimensione sociale, per accogliere lo spazio interno e privato della memoria, dell’attenzione amorevole a quel che si è stati, a quello che si sceglie di essere.
Una successione di giardini dipinti nei tempi (il giardino chiostro, il giardino lunare, stanza, urbano, aereo, paesaggio, …) trasporta in lettore nel mondo dell’immaginazione, percorrendo un viaggio interiore della memoria, attraverso il quale si riscoprono suoni e parole cresciute dal tempo. Ci piace pensare che se l’architettura potesse, anche solo in parte, a fare qualcosa di simile, sarebbe senza dubbio un’ottima architettura: raccogli parole, colori e odori e cominciamo a progettare.